Vendita Zafferano

La pianta
Il nome scientifico Crocus deriva dal greco Kronos, invece il nome zafferano deriva dall’arabo Zaafran.
Lo Zafferano (Crocus Sativus Linneo) è una piccola pianta di appena 12/15 cm di altezza.
Le foglie
Le foglie dello zafferano sono lunghe e filiformi.
Durante la raccolta dei fiori sono lunghe circa 10 cm ma possono arrivare fino a 40 cm a primavera. Anticamente venivano utilizzate come foraggio per gli animali.
Gli stimmi
I tre stimmi filamentosi all’interno del fiore hanno colore rosso scarlatto, odore aromatico e sapore amaro. Una volta essiccati costituiscono lo zafferano in fili.
Gli stami
I tre stami del fiore sono di colore giallo. Durante la “sfioratura” vengono divisi dagli stimmi e scartati. In passato, però, anche gli stami venivano recuperati ed utilizzati come coloranti per stoffe e tessuti.
Il campanulato
Il fiore dello zafferano ha la forma di campanula composta da petali color viola uniti alla base.
Il bulbo
Il bulbo, la pianta madre, ha un’attività vegetativa di un anno al termine della quale si riproduce e si moltiplica in due o più bulbi. I bulbi figli, attraverso il trapianto in un altro terreno, danno vita ad una nuova attività vegetativa


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Le origini
La mitologia greca attribuisce la nascita dello zafferano all’amore di un bellissimo giovane di nome Crocus che viveva al riparo degli Dei.
Crocus si innamorò di una dolce ninfa di nome Smilace che era la
favorita del Dio Ermes. Il Nume, per vendicarsi di Crocus, trasformò il
giovane nel bellissimo fìore dello zafferano.
Lo Zafferano è conosciuto da millenni, difatti Omero, Virgilio e Plinio ne parlano spesso nelle loro opere ed Ovidio nelle Metamorfosi.
Se ne parla nei papiri egiziani del II secolo a.C., nella Bibbia e nel IX e XII libro dell’Iliade.
Isocrate si faceva profumare i guanciali prima di andare a dormire e le donne troiane profumavano i pavimenti dei loro templi.
Lo zafferano si coltivava in Cilicia, Barbaria e
Stiria. Infatti Scano scrive che i Sidoni e gli Stiri lo usavano per
colorare i veli delle loro spose ed i sacerdoti per profumare i loro
templi per le grandi cerimonie religiose.
Dall’Asia la coltivazione si estese in varie parti del mondo arrivnao
anche in Tunisia e in Spagna, coprendo le zone di Albasete, Teruel,
Toledo, Valencia e Murcia.
Da queste zone arrivò in Italia per mano di un certo monaco domenicano appartenente alla famiglia Santucci di Navelli.
Nel Sinodo di Toledo, celebrato intorno al 1230 e approvato da Papa
Gregorio IX si istituì l’inquisizione. A tale epoca faceva parte del
tribunale ii monaco Santucci, grande appassionato tanto delle leggi e
tanto dell’agricoltura.
Il Santucci si innamorò fortemente della piccola pianta e pensando ai
suoi terreni dolci della piana di Navelli pensò che questa pianta
potesse dare molti buoni frutti.
Difatti lo zafferano qui trovò un habitat molto favorevole e venne
fuori un prodotto di gran lunga superiore a quello coltivato in altre
nazioni. Rapidamente la coltura si estese nei dintorni e le famiglie
nobili che da poco avevano fondato la città de L’Aquila, (Notar Nanni, Ciolina, Bonanni, Signorini, ecc) dettero vita in breve tempo a grandi mercati con le città di Milano e Venezia.
La storia
Si racconta che in Spagna, nel XII secolo ci fu l’incontro tra il prezioso fiore e il monaco domenicano Santucci, originario di Navelli. Egli era membro della Santa Inquisizione ed era grande appassionato di agricoltura.
La leggenda narra che il monaco portò di nascosto tre bulbi a Navelli
con la speranza che qui potessero dare buoni frutti. Per realizzare il
suo progetto apportò delle correzioni alle pratiche colturali spagnole
cercando di adattarle al clima ed al suolo della zona, sviluppando per
la prima volta la coltura a ciclo annuale.
Lo zafferano trovò nella Piana di Navelli un habitat ideale e nacque un prodotto di gran lunga superiore a quello coltivato altrove.
La diffusione ed il successo dello zafferano di Navelli vanno di pari
passo con la storia della città di L’Aquila. Nel XIII sec. L’Aquila era
appena sorta e subito divenne famosa per il pregiato zafferano, che,
dalla zona dell’Altopiano di Navelli, si estese a tutto il territorio
circostante, dando vita a un commercio imponente con le città di Milano e
Venezia e con alcune città estere quali Francoforte, Marsiglia, Vienna,
Norimberga ed Augusta.
Il più antico documento che testimonia la coltivazione ed il
commercio della spezia, divenuta famosa come Zafferano dell’Aquila, è un
diploma di Re Roberto d’Angiò del 1317 (Antico Archivio Aquilano, V.
42, c. 16v.-17r.). Il XV sec. fu per L’Aquila il periodo di maggiore
prosperità economica, culturale e spirituale: nel 1454, per volere di
San Giovanni da Capestrano, si pose la prima pietra della Basilica di
San Bernardino da Siena, la cui costruzione venne finanziata con le
gabelle imposte sullo zafferano.
Nel 1458 Re Ferrante I D’Aragona decretò il diritto della città di
L’Aquila a fondare una Università; questo accadde in concomitanza con
l’apertura di una fiorente tipografia da parte di un commerciante di
zafferano di origine tedesca, Adamo da Rotweil, allievo di Johannes
Gutemberg, inventore della stampa.
Affermatosi a livello internazionale, lo zafferano dell’Aquila veniva
conteso tra tanti commercianti, soprattutto veneziani, milanesi e
fiorentini. Fra i più importanti consumatori della spezia è necessario
ricordare i tedeschi di Norimberga che, intorno al 1513, preferirono non
avere più l’intermediazione dei mercanti di Venezia e si stabilirono a
L’Aquila con una propria delegazione.
La maggiore produzione di zafferano si ebbe nel XVI sec., a cavallo
degli anni 1583 e 1584, ma fu proprio in questo secolo che, a causa
della peste, di alcune guerre e dell’accrescersi delle gabelle imposte
dai monarchi spagnoli, si giunse al declino della coltivazione dello
zafferano dell’Aquila: nel 1646 si arrivò addirittura a produrne un solo
chilogrammo contro i 4000kg di due secoli prima.
Con l’arrivo dei Borboni al Regno di Napoli ci fu una graduale
ripresa della coltivazione tanto che nel 1830 si produssero 45 ql. di
zafferano su una superficie di 45 Ha. Ma nel corso del tempo la
situazione cominciò di nuovo a regredire fino ad una drastica riduzione
nel XIX secolo.
Si arriva così ai giorni nostri: oggi la coltivazione dello zafferano
è portata avanti solo da pochi agricoltori e si stima che la produzione media annua per tutta la Piana di Navelli sia di circa 40 Kg.